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GLI AGRITURISMI ITALIANI – FABIO DEL BRAVO

Fabio Del Bravo, Dirigente della Direzione «Servizi per lo sviluppo rurale» dell’ISMEA (Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare.

L’agriturismo, benché sia stato colpito duramente dal Covid-19 in termini di presenze turistiche e volume d’affari, dal lato dell’offerta continua a rappresentare uno dei comparti più dinamici e vivaci dell’agricoltura italiana e trasversalmente del turismo. Il numero di aziende agrituristiche in Italia ha, infatti, proseguito la sua crescita di lungo periodo anche durante il periodo pandemico (nel 2021 +1,3% sul 2020 e +3,3% sul 2019) raggiungendo la quota record di 25.390 aziende e collocando sul mercato 532 mila posti a tavola, circa 14 mila piazzole di sosta per campeggiatori e 294 mila posti letto pari a circa il 6% di quelli registrati in Italia in tutte le tipologie di strutture ricettive.

Anche i dati della domanda turistica mostrano come, in un quadro di generale ripresa, l’agriturismo sia il settore che ha recuperato più rapidamente i livelli pre-pandemici con il numero degli ospiti che, già nel 2021, era tornato sopra i 3 milioni (+36,9% rispetto al 2020) per oltre 12 milioni di pernottamenti complessivi. Se durante la pandemia l’agriturismo è stato visto dagli italiani come un rifugio sicuro, un luogo dove riscoprirsi in equilibrio con la natura e ritrovare sé stessi, ora, con il ritorno dei turisti stranieri, il settore pare aver acquisito una nuova consapevolezza, quella di incarnare una tipologia di destinazione perfettamente in linea con molti dei valori che il mercato oggi ricerca in termini di sostenibilità ambientale e sociale.

I pur ottimi numeri registrati dall’agriturismo raccontano, infatti, solo in parte il ruolo che queste aziende svolgono dal punto di vista sociale nei territori più difficili del Paese. La capillare distribuzione della rete agrituristica consente di «includere» nel mercato turistico molte delle aree marginali italiane (oltre i due terzi dei comuni classificati come aree interne hanno almeno un agriturismo); si tratta di territori soggetti di frequente a un progressivo e drammatico spopolamento demografico, soprattutto giovanile con le aree rurali italiane che, negli ultimi 10 anni, hanno registrato l’abbandono da parte del 44% dei ragazzi di età compresa tra i 15 e i 39 anni. In queste aree le famiglie «agrituristiche» sono depositarie delle tradizioni locali e rappresentano un fondamentale elemento di continuità tra passato e futuro; gli agriturismi in poche parole sono volàno per lo sviluppo dei territori, garantendo la vitalità del tessuto socioeconomico, tutelando il paesaggio e preservando le specialità enogastronomiche.

A questo proposito non si può non fare un cenno a quello che, da sempre, è uno dei cavalli di battaglia dell’agriturismo italiano: l’enogastronomia. Sono circa 13 mila le aziende agrituristiche attive nella ristorazione e più di 6 mila quelle che offrono degustazioni. Nello svolgere queste attività gli agriturismi impiegano, per legge, una quota consistente di prodotti aziendali. Accanto a numerose produzioni a indicazione geografica (come le DOP e le IGP), si trovano di frequente anche i PAT (Prodotti agroalimentari tradizionali) e più in generale tutte le specialità enogastronomiche locali che, alla luce di una tradizione consolidata, meritano di trovare una valorizzazione sul mercato.

Nel tempo la «cucina» dell’agriturismo italiano si è profondamente evoluta. Inizialmente ci si accontentava di poter acquistare i prodotti aziendali sul posto e di degustare la cucina contadina, oggi ci si aspetta una gamma molto ampia di prodotti, che rappresentino tutto il territorio circostante, e anche di poter imparare a cucinare, elaborare i prodotti e conoscerne i segreti della tecnica di produzione.

In tal senso gli agriturismi italiani possono essere a pieno titolo considerati dei veri e propri ambasciatori del gusto e del saper fare connesso alle tradizioni culinarie italiane. Durante una vacanza in agriturismo capita non di rado di imbattersi in vere e proprie eccellenze enogastronomiche; produzioni spesso destinate a mercati di nicchia, anche esteri, o che finiscono per arricchire i menù degli chef stellati di tutto il mondo.

Tornando al mercato turistico nazionale e internazionale si può affermare che gli avvenimenti degli ultimi anni abbiano accelerato alcune trasformazioni e che alcune nuove abitudini di consumo sembrino essersi diffuse: la domanda è mutata, esprimendo nuovi bisogni e maggiore attenzione, facendo emergere un nuovo modo di concepire il viaggio, che va nella direzione della sicurezza e della sostenibilità.

In tale ambito il turismo rurale potrà avere nei prossimi anni un ruolo molto importante e l’Italia, forte di una solida base normativa nazionale, è il paese che ha dato vita al modello di accoglienza rurale forse più completo, evoluto e articolato nel panorama internazionale. Il sistema consolidato dell’agriturismo, infatti, grazie all’attività del Masaf (Ministero dell’agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste), può oggi coniugarsi con i circuiti dell’enoturismo e dell’oleoturismo, che rappresentano due importanti asset della Dop Economy da valorizzare.

L’obiettivo non potrà che essere quello di stimolare l’aumento dei flussi di visitatori verso le aree rurali italiane che sono caratterizzate da una grande quantità di fattori di attrazione enogastronomici, ricreativi e culturali, e rappresentano l’ecosistema ideale per proporre esperienze uniche di fruizione, privilegiando un modello di valorizzazione sostenibile delle risorse umane e paesaggistiche che possa assicurare benefici diversi e a lungo termine a tutti i soggetti coinvolti: le comunità locali, gli operatori turistici e i visitatori.