Sara Roversi, Future Food Institute
Ha fondato nel 2014 il Future Food Institute, nato a Bologna e con sedi oggi a San Francisco, Tokyo e Shanghai, ed è direttore esecutivo del master Food Innovation Program. Esperta di innovazione nella filiera agroalimentare e sostenibilità, è promotrice di progetti di innovazione sociale, cooperazione internazionale e programmi di alta formazione. Collabora con istituzioni governative, centri di ricerca e imprese del settore per sviluppare progetti relativi al futuro dell’alimentazione. Negli ultimi dieci anni si è concentrata sull’empowerment di giovani talenti nel settore agroalimentare. È membro dell’Action Council on Sustainability & Global Emergencies al B20 sotto presidenza italiana. Ha co-ideato il progetto goodaftercovid19.org.
La memoria è la capacità di conservare traccia degli stimoli esterni vissuti; è il processo finalizzato all’assimilazione, alla custodia e al richiamo di un’esperienza.
Contrariamente alle altre, le informazioni sensoriali che riceviamo dalla realtà indugiano nel nostro cervello per un brevissimo periodo di tempo. Accade però che alcune di esse, abbandonando la loro usuale temporaneità, si trasformino in informazioni strategiche, utili nel lungo periodo – come fossero l’indirizzo di una casa dove tornare. È questo il meccanismo che spiega il ricordo del sapore di una pietanza, pur non assaporata da ormai molti anni; e che giustifica il perché, una volta tornato a contatto con il nostro palato, un alimento possa riportarci indietro nel tempo, conducendoci in un luogo preciso.
Questa alleanza tra gusto e vista, stipulata dalla memoria, è il principale motivo per cui il cibo e il vino sono così connessi al turismo. Mangiando e bevendo vediamo immediatamente e involontariamente luoghi rimasti attaccati alle pareti dei nostri ricordi, o a quelle dell’immaginario collettivo; e desideriamo tornarci, o visitarli per la prima volta.
Fuori dalla nostra mente, l’ingranaggio è lo stesso: cibo e vino possono ridestare e rigenerare i luoghi anche nella realtà.
La Dieta Mediterranea ne è un esempio: uno stile di vita e un patrimonio condiviso, ma anche un vero e proprio modello di sviluppo che ha dato voce alle risorse silenti, ha ridestato quelle dormienti e ha avviato una rigenerazione ecologica integrale di un territorio. Insomma, un motore propulsore del rinnovamento ambientale, economico, politico, sociale, culturale e umano di un’area marginale del nostro Paese: Pollica, nel Cilento, Comunità Emblematica UNESCO della Dieta Mediterranea. Una delle tante – occorre aggiungere – afflitte dalla transitorietà del turismo, nonostante la fissità del suo patrimonio immateriale.
Benché l’Italia sia la nazione che detenga il maggior numero di siti inclusi nella Lista dei patrimoni dell’umanità (58, di cui 5 riserve naturali e 8 paesaggi culturali),[1] secondo gli ultimi studi, le presenze internazionali continuano a concentrarsi solamente nell’1%[2] del territorio – dato che spiega non solo la congestione dei centri urbani, ma anche il progressivo abbandono (e stato di abbandono) dei borghi. Perché, in questi paesi, la circoscrizione del flusso turistico a un preciso periodo dell’anno determina un impoverimento dell’economia, del fervore culturale, dei servizi, dell’attenzione politica, del popolamento, e persino – con assenza di manodopera – del suolo.
È però interessante notare che proprio in queste aree marginali si registrano le maggiori quote nazionali di produttori o trasformatori di eccellenze (DOP; IGP; STG) in ambito enogastronomico.[3]
Il cibo e il vino potrebbero, e dovrebbero, perciò, fungere da iniziale catalizzatore del turismo – che, se accolto da un territorio ricettivo e impegnato nella tutela della sua autenticità, innesca una propagazione concentrica di rigenerazione integrale.
Pollica rappresenta il prototipo replicabile di questo tipo di sviluppo, avendo tradotto il suo patrimonio immateriale – la Dieta Mediterranea, appartenente dal 2010 all’intera umanità – in un processo di prosperità diffusa. La valorizzazione della ricchezza enogastronomica del paese sta innescando una graduale destagionalizzazione dell’offerta turistica che è, allo stesso tempo, causa ed effetto dello sviluppo dell’intero territorio.
Perché è tutto incredibilmente connesso. Il turismo responsabile, consapevole e sostenibile può essere uno strumento vivificatore di un luogo, soprattutto quando poggiato su una base – quella dell’enogastronomia – che, prima ancora di essere un bene, un bisogno e un piacere, è un veicolo di identità, è un linguaggio universale per le connessioni, è una forma di ospitalità.
Come ci sta dimostrando Pollica, un turismo sostenibile:
- consolida e tutela i valori identitari;
- equilibra gli spazi tra tessuto urbano e rurale;
- crea economia, infondendo nelle comunità un senso di appartenenza che spinge alla cura del suolo, degli edifici e dei servizi;
- desta consapevolezza e crea narrazione;
- sostiene le imprese che, a loro volta, alimentano e sostanziano la cultura locale;
- evita lo spopolamento o l’abbandono di luoghi preziosi per la tutela della biodiversità e per la sopravvivenza delle tradizioni.
Esportando questo sistema e replicandolo nelle aree marginali, i risultati, in termini di sviluppo, sarebbero visibili a livello nazionale e internazionale; sarebbero – per l’appunto – integrali.
Ma non è pleonastico ribadirlo: affinché il processo di rigenerazione originato dal patrimonio enogastronomico sia realizzabile e replicabile, è necessaria un’azione concreta di investimento (non solo economico, ma anche simbolico) sulle aree marginali. È il sasso gettato nell’acqua a suscitare le onde concentriche che coinvolgono nel loro moto, a distanze diverse e con diversi effetti, oggetti assopiti, obbligati a reagire e a tornare in vita.
Con un incomprensibile paradosso, la virtualizzazione della realtà ci sta restituendo le esperienze sottratteci in secondi, minuti, ore, giorni: abbiamo e avremo sempre più tempo per osservare, per comprendere, per degustare, per scoprire. A noi il compito di tutelare l’oggetto della nostra vista, della nostra conoscenza, del nostro palato, del nostro movimento. E di ricordarci che tutto il passato che ci è concesso di conoscere è quello che il presente ci consegna.
[1] UNESCO, Patrimonio mondiale. (https://www.unesco.it/it/italianellunesco/detail/188).
[2] The Data Appeal Company, Report – Il turismo culturale in Italia 2023. (https://www.datappeal.io/it/free-report-il-turismo-culturale-in-italia-2023/).
[3] Infodata – Dop, Igp e Stg: quante sono le eccellenze italiane nel cibo, in «Il Sole 24 Ore», 17 gennaio 2023. (https://www.infodata.ilsole24ore.com/2023/01/17/dop-igp-e-stg-quante-sono-le-eccellenze-italiane-nel-cibo/).