MENU

Turismo enogastronomico

Chi è il turista enogastronomico?

Il turista enogastronomico è colui/colei che svolge almeno un viaggio con pernottamento con motivazione primaria l’enogastronomia. È la ragione principale del viaggio ciò che lo differenzia dagli altri turisti (che potremmo definire generalisti) e non la partecipazione alle esperienze a tema enogastronomia, oggi sempre più diffuse e apprezzate. Per il turista enogastronomico queste esperienze rappresentano il “centro” del viaggio; per il generalista sono attività “accessorie” che vanno ad arricchire la vacanza. Dobbiamo però ricordare che il termine viene spesso usato in modo differente e non corretto, indicando semplicemente chi partecipa ad esperienze enogastronomiche o, più raramente, si interessa di cibo in viaggio.

Il turista enogastronomico è un viaggiatore “onnivoro” ed innovativo poiché desidera vivere un insieme variegato di esperienze arricchenti, multisensoriali, emozionali e culturali. Il recarsi in ristoranti per degustare piatti tipici è l’esperienza più diffusa; grande interesse suscitano le aziende di produzione – in primis le aziende vitivinicole – poiché luoghi dove ter conoscere le origini, i processi e le modalità di produzione. Altre attività popolari sono le visite ai mercati, i tour, e gli eventi.

Sempre più spesso questo turista ricerca proposte innovative che uniscono il cibo, il vino, l’olio, … alla cultura, al benessere ed allo sport. Desidera esperienze attive a contatto con i produttori, come la vendemmia e la raccolta delle olive, ed attività sportive all’aria aperta quali trekking e tour in biciletta nei vigneti, negli uliveti, … Ricerca attraverso il viaggio enogastronomico un migliore equilibrio psico-fisico, guardando con forte interesse attività di rilassamento (corsi di yoga, pittura, …) e trattamenti a base vino, birra ed olio.

Una poliedricità di esperienze per scoprire e vivere l’enogastronomia in tutte le sue sfaccettature e con nuove modalità.

Cosa intendiamo per turismo enogastronomico?

La crescente centralità che l’enogastronomia ha assunto nel turismo nell’ultimo decennio ha visto l’affermarsi sul mercato di forme, modalità e luoghi di fruizione nuovi.

Oggi non possiamo più limitarci a considerare il turismo enogastronomico come l’acquisto di prodotti agroalimentari e vitivinicoli tipici e al degustare ricette e piatti tradizionali in vacanza. Questa pratica si esprime attraverso una pluralità di prodotti, servizi ed esperienze in cui il coinvolgimento dei sensi è qualificante, attraverso cui fruire del patrimonio culturale del luogo in modo attivo, immergendosi nella vita e nelle tradizioni della comunità locale. Il recarsi in ristoranti gourmet e/o storici, il visitare luoghi di produzione (aziende agroalimentari, cantine, birrifici, frantoi, caseifici, pastifici, ecc.), i mercati agroalimentari, i musei del gusto e/o le botteghe artigiane, il partecipare ad eventi e festival così come a tour tematici e/o corsi di cucina sono solo alcuni degli esempi più noti attraverso cui l’enogastronomia si manifesta nel turismo e diventa attrazione.

Alla luce di ciò, dobbiamo vedere il turismo enogastronomico come un insieme dinamico di prodotti, servizi ed esperienze turistiche che si declinano nel contesto di ogni territorio enfatizzandone le peculiarità (sia enogastronomiche che non enogastronomiche), sono trasversali ai differenti segmenti turistici e che grazie a ciò si evolvono, arricchendosi di nuove sfaccettature.

Chi pratica turismo enogastronomico?

La quasi totalità dei turisti stranieri ed italiani dichiara di aver partecipato ad almeno un’attività a tema nel corso delle sue vacanze più recenti. Tra le più popolari (sebbene con alcune differenze per Paese) sono il mangiare piatti tipici nei ristoranti locali, acquistare cibo presso i food truck, visitare i mercati agroalimentari. Forte è anche l’apprezzamento verso i festival e la visita alle cantine.

Questo interesse, come abbiamo evidenziato nelle diverse edizioni del “Rapporto sul Turismo Enogastronomico Italiano”, è trasversale alle generazioni. Riguarda sia i senior che i giovanissimi, con i secondi che prediligono esperienze più coinvolgenti ed attive mentre i primi quelle più tradizionali come visite e degustazioni.

È qui importante ricordare come la fruizione delle esperienze a tema cibo, vino, … è oggi un comportamento turistico sempre più diffuso e pervasivo. Spesso non ci si limita ad una sola attività, ma se ne fanno molte e differenti tra loro. Il 39% dei viaggiatori stranieri e il 67% degli italiani ne ha compiute cinque o più.

Quali sono i benefici del turismo enogastronomico?

Benefici economici. Lo sviluppo del turismo enogastronomico può aumentare il numero di arrivi e presenze nella destinazione e generare entrate economiche aggiuntive derivanti dalla spesa di questi viaggiatori già nel breve periodo. Nel medio-lungo termine, questa attenzione continuativa può rendere l’offerta più ricca, diversificata ed attrattiva. Il turismo enogastronomico può diventare così catalizzatore per la crescita della competitività del sistema economico (non solo turistico ed agroalimentare), accrescendone la capacità di attrarre investimenti privati e fondi pubblici.

Benefici sulla società (socioculturali). Lo sviluppo dell’offerta turistica enogastronomico porta a creare nuovi posti di lavoro nella filiera e nell’indotto; e, medio-lungo periodo, accrescere il benessere della comunità locale. Parimenti, può stimolare la riscoperta del patrimonio e favorire azioni di tutela e valorizzazione sostenibile di tali risorse. Questo processo di “riacquisizione” porta con sé una maggiore consapevolezza del valore del cibo, che non è solo culturale, ma si estende ai principi della sana e corretta alimentazione.

Benefici ambientali. Il turismo enogastronomico può portare ad un maggiore utilizzo delle produzioni locali, poiché è ciò che il turista ricerca. Ciò concorre a generare un circolo virtuoso, creando e/o rafforzando i circuiti di approvvigionamento locale e riducendo gli impatti negativi sull’ambiente. Un tale orientamento può inoltre favorire all’utilizzo di strategie orientate all’efficientamento e all’ottimizzazione della produzione agricola. Parallelamente, lo sviluppo del turismo enogastronomico porta ad una maggiore attenzione e tutela del paesaggio rurale.

Tabella. Benefici derivanti dal turismo enogastronomico.

TIPOLOGIA DI BENEFICI

BENEFICI OTTENIBILI NEL BREVE PERIODO

BENEFICI OTTENIBILI NEL MEDIO-LUNGO PERIODO

Economici

Flussi turistici e spesa aggiuntiva

Diversificazione /Arricchimento dell’offerta turistica

Sviluppo di attività economiche correlate

Diversificazione delle attività agricole

Maggiore visibilità delle produzioni agroalimentari e vitivinicole locali

Maggiore capacità di attrarre investimenti pubblici/privati

Miglioramento dell’immagine della destinazione

Crescita della competitività

Socioculturali

Creazione di nuovi posti di lavoro (diretti e nell’indotto)

Crescita del livello di benessere della comunità

Riscoperta/Valorizzazione del patrimonio enogastronomico locale

Maggiore e più efficace tutela delle risorse culturali

Adozione di stili di vita più salutari

Ambientale

Nuovi modelli di produzione e consumo a filiera corta

Crescita investimenti verso pratiche di smart farming

Riduzione del gap tra urbano e rurale

Maggiore attenzione e tutela del paesaggio enogastronomico

 

Come lavorare nel turismo enogastronomico?

Con lo sviluppo del turismo enogastronomico e l’affermarsi di forme, modalità e luoghi di fruizione nuovi, le professioni più tradizionali si stanno arricchendo di nuove mansioni e competenze. Gestore di agriturismo, di ristorante o trattoria, cuoco, maître, sommelier e alla guida turistica, … oltre a svolgere il proprio tradizionale compito diventano “ambasciatori” dell’enogastronomia locale e storyteller del territorio.

Nascono e si diffondono al contempo nuove professioni, in primis quella dell’hospitality manager delle aziende agricole e vinicole. È bene qui chiarire le mansioni di questa nuova figura poiché spesso la si confonde con chi accompagna i visitatori nella visita e nelle degustazioni.

L’hospitality manager si occupa di gestire l’accoglienza, ad esempio: costruire prodotti, servizi ed esperienze turistiche in linea con i target attuali e potenziali; gestire il personale preposto alla visita ed alla degustazione; promuovere e commercializzare l’offerta. Nel caso di realtà piccole, può anche svolgere la funzione di accompagnatore.

Appare evidente che questa figura professionale deve avere forti competenze turistiche, al di là delle conoscenze tecniche legate al prodotto/ai prodotti (vino, formaggio, olio, …) e all’azienda. Per tale ragione chi vuole cimentarsi in questo ruolo deve acquisire questo know-how teorico e pratico, non limitandosi alle competenze in ambito agroalimentare.

Quanto è importante il turismo enogastronomico in Italia?

L’enogastronomia è tra i principali driver che sostengono l’immagine del Belpaese a livello mondiale, insieme alla moda ed al turismo. Questa reputazione positiva è certamente da stimolo nel far considerare l’Italia fra le principali mete per un viaggio a tema enogastronomico, come evidenziato da ricerche recenti svolte a livello internazionale. Il Belpaese figura, infatti, come destinazione preferita sia presso mercati europei di prossimità – in primis i Paesi germanofoni – che d’Oltreoceano.

L’immagine positiva di cui gode l’Italia è strettamente connessa alla ricchezza, qualità e capillarità delle risorse enogastronomiche. Il Belpaese ha il maggior numero di produzioni agroalimentari e di vini certificati in Europa e nel mondo (852 a settembre 2023), ed ogni territorio può vantare eccellenze riconosciute e distintive. Queste risorse possiedono, inoltre, un forte valore culturale, espressione di conoscenze, tradizioni, usi e costumi consolidati nel tempo, nei territori e tra le persone che vi vivono.  Un tale patrimonio si traduce in una varietà e diversità di proposte turistiche puntuali (ristoranti, agriturismi, cantine, ecc.) e territoriali (itinerari, festival, ecc.), ognuna con caratteristiche differenti a seconda dei territori.

Il turismo enogastronomico non è quindi importante solo per quelle destinazioni note per il cibo e per il vino – come la Toscana o le Langhe in Piemonte – ma per l’intero sistema-Paese. Ha un potenziale ancora parzialmente inespresso, che se adeguatamente esploso può accrescere la competitività del turismo italiano.

Come nasce il turismo enogastronomico?

Il legame tra enogastronomia e turismo non è recente. Sin dall’affermazione del viaggio moderno (ossia a partire dagli anni Sessanta del secolo scorso), mangiare piatti della cucina locale e acquistare prodotti tipici erano abitudini diffuse tra i turisti. Ma è solo a partire dall’inizio del nuovo Millennio che l’enogastronomia è diventata sempre più centrale nell’esperienza turistica, andando oltre ad essere una semplice necessità o un elemento di interesse per gli appassionati e i professionisti del settore.

I primi studi appaiono in questi anni. Accademici come Lucy M. Long, Michael C. Hall Liz Sharples iniziano ad indagare il turismo enogastronomico dandone una definizione, destinazioni turistiche – specialmente americane e canadesi – commissionano a società di mercato indagini per conoscere quanto fosse diffusa la pratica di attività a tema cibo, vino e birra. Queste prime analisi avevano evidenziato una forte crescita della platea di interessati nell’arco di pochi anni: se nel 2007 il 17% dei turisti aveva partecipato ad esperienze a tema enogastronomico nel corso dei viaggi secondo la Travel Industry Association and Edge Research, il report del 2013 della società Mandala Research indicava un aumento al 77%.

È il 2015 l’anno in cui il turismo enogastronomico diventa un fenomeno “globale” e riconosciuto a pieno titolo tra i segmenti truistici. L’Organizzazione Mondiale del Turismo UNWTO organizza la prima conferenza mondiale dedicata (oggi siamo arrivati all’ottava edizione), e l’anno successivo dà il via al ciclo di convegni sull’enoturismo. 

La storia più recente vede una crescita esponenziale di interesse sia nel mondo accademico che tra gli operatori dell’industria turistica. Sempre più Paesi e regioni creano piani strategici dedicati, e si affermano a livello internazionale e nazionale alcuni studi di settore, come il “Rapporto sul Turismo Enogastronomico” ed il “Food Travel Monitor” della World Food Travel Association.

Quanto vale?

Per comprendere quanto vale il turismo enogastronomico un buon proxy è l’importanza che ha assunto per i turisti. La sua complessità e trasversalità – che riguarda anche il fenomeno turistico in senso lato – rende difficile effettuare stime economiche.

Nel 2023, il 58% dei turisti italiani dichiara di aver compiuto almeno un viaggio con principale motivazione legata all’enogastronomia, un valore superiore di 37 punti percentuali rispetto al 2016. In termini assoluti, si stima siano circa 9,6 milioni. Ma la ricerca di esperienze a tema cibo, vino e birra non è una peculiarità di questi turisti, perché interessa ormai tutti i viaggiatori del Belpaese: 7 su 10 ne hanno svolto almeno cinque nel corso dei viaggi più recenti (+25% sul 2021.

Se allarghiamo lo sguardo all’Europa, secondo lo studio della European Travel Commission le esperienze enogastronomiche insieme a quelle legate ai paesaggi naturali (dove spesso sono vissute) sono le più ricercate dai viaggiatori del Vecchio Continente. Rispettivamente dal 16,3% e dal 17,4%, in termini assoluti circa 19,9 e 21,3 milioni di turisti. Ed il 5,1% (circa 6,2 milioni) dichiara di avere intenzione di fare un viaggio con motivazione primaria l’enogastronomia.

Come promuoverlo?

La promozione e commercializzazione dell’offerta turistica enogastronomica è una leva strategica chiave che deriva dalla comprensione del mercato (attuale e potenziale) ed allo sviluppo delle esperienze a tema.

Ogni azione deve essere quindi coerente e “calata” nel contesto specifico per essere efficace. Posiamo però indicare alcuni suggerimenti che possono essere utili:

  • Creare messaggi accattivanti e che stimolano il turista
  • Essere trasparenti e chiari nelle informazioni senza generare aspettative che non si possono soddisfare
  • Utilizzare una comunicazione “omnicanale” per raggiungere i differenti target
  • Rendere la propria offerta accessibile, facilitando il turista sia nella ricerca delle informazioni che nella prenotazione
  • Comunicare e promuoversi non solo prima, ma anche durante e dopo l’esperienza, poiché un turista soddisfatto è il migliore ambasciatore possibile

Corso in Management del Turismo Enogastronomico

Scarica i Report

Questo desiderio

si traduce non più esclusivamente nell’acquisto di prodotti locali o il mangiare piatti tipici, ma si allarga andando a comprendere le visite ai luoghi di produzioni – quali aziende vitivinicole, birrifici, frantoi, caseifici, pastifici, ….  –, il recarsi in ristoranti gourmet e storici, acquistare cibo presso food truck, partecipare a cooking classfood tour ed eventi a tema cibo, vino, birra, …. Una pluralità di esperienze in cui il coinvolgimento dei sensi è qualificante, attraverso cui fruire del patrimonio culturale del luogo in modo attivo e coinvolgente arricchendosi di valore nella condivisione.

I primissimi studi su turismo ed enogastronomia condotti negli Stati Uniti d’America e in Canada avevano evidenziato una forte crescita della platea di interessati:
Se nel 2007 il 17% dei turisti aveva partecipato ad esperienze a tema enogastronomico nel corso dei viaggi, questo valore era salito al 77% nel 2013.

Oggi tali esperienze sono ormai patrimonio comune, con la quasi totalità dei turisti che vi prende parte quando viaggia. Secondo il “Rapporto sul Turismo Enogastronomico Italiano 2020”, Il 71% dei turisti di Francia, Regno Unito, Canada, Stati Uniti d’America, Messico e Cina intraprende un viaggio per vivere esperienze enogastronomiche memorabili, mentre il 59% dichiara che le esperienze a tema li aiutano a scegliere tra più destinazioni.

Questo trend di crescita

si ravvisa anche nel nostro Paese: la fruizione di esperienze a tema enogastronomico è diventata patrimonio comune, con ben l’85% dei turisti italiani che, a prescindere che si muovano per turismo balneare, di montagna o per business, ha partecipato ad almeno una attività di questo genere nel corso di un viaggio, indice di un forte desiderio di scoprire e sperimentare l’enogastronomia locale.

Ma la componente enogastronomica non è più e non solo un elemento trasversale dell’offerta in grado di suscitare l’interesse dei turisti, ma si conferma essere un importante driver di viaggio degli italiani. Se nel 2016 le ricerche avevano evidenziato il 21% degli italiani in viaggio interessati a questo tipo di turismo, con un incremento, nel 2017 al 30%, nel 2018 questo valore è ulteriormente cresciuto. Ben il 45% dei turisti italiani negli ultimi tre anni ha svolto almeno un viaggio con questa motivazione, con un aumento del 48% rispetto all’anno precedente.


Tale tendenza è confermata da varie fonti: secondo il monitoraggio condotto dall’Agenzia Nazionale del Turismo-ENIT, le vendite del prodotto enogastronomico da parte dei Tour Operator dei principali incoming italiano hanno evidenziato un forte aumento nella stagione estiva 2019.  Per quanto concerne l’online, “Tour di cibo, vino e vita notturna” è la categoria di esperienza in TripAdvisor che ha registrato la maggiore crescita di prenotazioni nel 2018 in Italia, registrando +141% sull’anno precedente.

NEWSLETTER

Non perdere le ultime novità

Leggi e guarda le mie interviste

Hanno parlato di me:

Leggi la Rassegna Stampa