Con il Food Tourism Day, il turismo enogastronomico accende l’interesse del pubblico dell’edizione 2019 di Bit – Borsa Internazionale del Turismo, che si è appena conclusa a fieramilanocity.
Anche il 2019 registra la crescita del turismo enogastronomico. Con un +48% di interesse in un anno, l’enogastronomia si conferma un importante driver delle vacanze. È una delle principali evidenze che emerge dal RAPPORTO SUL TURISMO ENOGASTRONOMICO ITALIANO 2019, presentato agli operatori durante il Food Tourism Day. Oltre ai felici dati, anche una delle forme più amate di questo settore del turismo, le lezioni di cucina.
Tra gli elementi di spicco della giornata, la presenza per la prima volta in Italia di Erik Wolf – fondatore della World Food Travel Association e primo al mondo ad avere strutturato il panorama del turismo enogastronomico. Nata nel 2003 come International Culinary Tourism, oggi la World Food Travel Association, organizzazione non-profit, è la principale autorità a livello mondiale sul turismo enogastronomico, con 50mila professionisti in 139 Paesi. L’intervento di Wolf si focalizza sulle nuove tendenze e, con Roberta Garibaldi, sul confronto tra la situazione mondiale e quella italiana.
Ai fornelli in vacanza
Tra i tanti temi interessanti emersi nel Food tourism day, quello dei corsi di cucina. Se i turisti sono sempre più alla ricerca di viaggi che offrano la possibilità di vivere esperienze uniche, diverse, irripetibili, tra quelle più amate in Italia ecco le coking class. Non a caso, ad aggiudicarsi il primo posto dei Travelers’ Choice Experiences, la classifica delle migliori attività al mondo stilata nel 2018 da TripAdvisor, è stata una cascina toscana con le sue lezioni di cucina.
Roberta Garibaldi – autore del Rapporto sul Turismo Enogastronomico Italiano – ha svolto un’indagine per meglio conoscere la tendenza. Dalle interviste emerge che ben il 48% dei turisti italiani vorrebbe partecipare a corsi di cucina, percentuale che sale al 57% nel caso di turisti enogastronomici. Anche se solo il 13% ne ha realmente frequentati, mostrando uno spazio di mercato ancora da colmare. La conferma che siano richiesti anche dai turisti stranieri arriva dai dati dei tour operator internazionali che hanno partecipato ai workshop dedicati al turismo enogastronomico organizzati in Italia (Good Italy Workshop 2017 e BITEG 2017). L’analisi evidenzia che i corsi di cucina figurano nel 50% dei pacchetti proposti (fonte: Rapporto sul Turismo Enogastronomico Italiano 2019).
Imparare a cucinare in agriturismo
Ma dove possono i turisti in viaggio cimentarsi ai fornelli? Le cooking class sono da anni tra le attività proposte dalle aziende agrituristiche. Secondo lo studio presentato da Umberto Selmi di ISMEA ( l’Istituto di Servizi per il Mercato Agricolo Alimentare del Ministero delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo), su un campione di 137 agriturismi con corsi di cucina, il 53% delle aziende intervistate dichiara di organizzare lezioni di cucina da 8 o più anni. Le classi sono quasi sempre tenute da persone del nucleo familiare, con il coinvolgimento di chef professionisti che lavorano in azienda, e vertono sulla preparazione di piatti della cucina territoriale. Si sta tuttavia assistendo ad una crescente affermazione di tendenze culinarie più salutistiche – ad esempio, vegetariana, vegana e detox. Secondo gli operatori, l’interesse verso questa proposta potrà crescere in futuro, soprattutto tra la clientela straniera – in particolar modo inglesi, nord-americani, tedeschi
E’ il 20% degli intervistati ad affermare che la possibilità di partecipare ad un corso di cucina sia stato il principale motivo del pernottamento nella propria struttura da parte di qualche ospite. E l’attività proposta ha generato ricadute positive sulle altre, in primo luogo la ristorazione e la vendita di prodotti tipici. Da sottolineare, inoltre, come più della metà di coloro che seguono corsi di cucina è incline ad acquistare prodotti aziendali, specie quelli utilizzati nella preparazione dei piatti durante le lezioni.
Imparare a casa degli italiani
“Aggiungi un posto a tavola”: è il motto di uno dei fenomeni del momento, l’home restaurant. Le porte delle case si aprono e i proprietari si trasformano in chef per una sera, accogliendo al desco perfetti sconosciuti. Un caso eclatante è quello delle Cesarine, il nome dato una volta alle massaie romagnole. Oggi è un network di 600 cuoche casalinghe, custodi della tradizione culinaria regionale italiana, distribuite in 90 città su tutta la penisola. Offrono ai loro ospiti sia stranieri sia italiani gli autentici sapori italiani, da assaggiare e imparare.
Davide Maggi, Fondatore e CEO de Le Cesarine, rivela: “nel 2018, il numero di corsi svolti ha superato i mille, per un totale di oltre 2.000 partecipanti. Sono per lo più stranieri (90%) provenienti principalmente da USA, Germania, Francia, Svizzera, a cui si unisce un 10% di utenti italiani. I partecipanti, che hanno un’età media superiore ai 45 anni, richiedono principalmente due tipologie di servizi: le Classes classiche e le Cooking Classes con visita al mercato”.
Sempre più spesso i corsi di cucina presso abitazioni private vengono pubblicizzati e venduti tramite piattaforme di social eating, in grado di collegare il potenziale consumatore con chi offre il servizio. Diffuso e in crescita negli ultimi anni, oggi il social eating consolida i risultati diversificando: non solo cene, ma anche lezioni di cucina o visite ai mercati locali, con il coinvolgimento di altri attori, come chef professionisti e ristoratori. Su Gnammo, la prima e più attiva piattaforma, nata a Torino e lanciata nel 2012, sono proposte due tipologie di eventi: Social Eating e Special Dinner. Gli Special Dinner sono interessanti per il turista: on-demand, aiutano a scoprire un territorio tramite cibi locali, location distintive, contatto con gli abitanti del luogo e corsi di cucina. L’Accademia della Pasta, ad esempio, offre l’opportunità di imparare a preparare la pasta in diversi formati e colori; i partecipanti apprendono le tecniche da un host locale e poi concludono l’esperienza condividendo il pasto preparato tutti insieme.
Roberta Garibaldi nel rapporto ne ha analizzato i dati: “Gli Gnammers sono soprattutto italiani con un’età compresa tra i 35 e i 44 anni (37%) e tra i 25 e i 34 (28%), mentre Lombardia (20%), Lazio (14%) e Piemonte (10%) sono le principali regioni di residenza degli utenti. Chi sono invece gli organizzatori? Sono il 5% degli iscritti, nella quasi totalità italiani che vivono in Lombardia (17%) e Lazio (14%), con un’età in prevalenza compresa tra 35 e 44 anni (32%). Oltre ad essere cuochi amano anche partecipare ad eventi organizzati da altri, partecipano mediamente al doppio degli eventi degli altri utenti (3,7 contro 1,8) e prenotano per un numero superiore di persone (7,3 contro 3,5). L’83% ha organizzato da 1 a 3 eventi, mentre l’11% da 4 a 9. Solo il 3% ne ha organizzati da 10 a 19 mentre il 3% più di 20.”
Cucinare da FICO
FICO Eataly World, il parco del cibo più grande del mondo aperto a Bologna nel 2017, offre visite che hanno in esperienza la parola chiave: qui, grazie al lavoro di 40 fabbriche contadine attive ogni giorno, è possibile guardare, assaggiare, sperimentare, ma anche imparare. I nuovi corsi propongono un modo originale e divertente per apprendere i segreti dell’enogastronomia italiana e dei mestieri legati al cibo. L’offerta dei corsi è raggruppata in tre macro-aree: Impara a fare, per mettere letteralmente le mani in pasta, Dietro le quinte, per scoprire i segreti dei mestieri legati al cibo, e Gusta, perché oltre ad osservare, ascoltare e preparare, è fondamentale assaggiare.
Nel grande complesso di FICO, sono appena iniziati 5 corsi serali per coltivare la propria passione tra i fornelli. Sono destinati sia a chi non ha grande dimestichezza, sia a chi vuole scoprire divertendosi i trucchi e i segreti degli chef, dei pasticcieri e di tutti gli altri Maestri professionisti. I temi sono: pasticceria, panificazione con grani antichi, pasta tradizionale con le celebri Sfogline, pasticceria siciliana e pasticceria classica.
Roberta Garibaldi commenta: “accanto ai grandi numeri del turismo gastronomico, che vanno dai prodotti alle cantine, dai ristoranti agli eventi, in Italia abbiamo quindi esperienze di cooking class che trovano uno spazio sempre maggiore nell’offerta degli intermediari tradizionali e online. Ma accanto ai molti dati positivi, se si fa un confronto con certi Paesi stranieri (come ad esempio la Tailandia, dove il numero dei corsi di cucina in città come Chang Mai è altissimo) si comprende che ci sono ancora ampi spazi di miglioramento, sia in termini di organizzazione sia di fruibilità. Con notevoli, ovvie ricadute sul mercato”.